mercoledì 29 febbraio 2012

La vita sospesa

Immagini il lettore di essere posto, in virtù e per opera di quelle droghe che la chimica quotidianamente sforna, in stato di vita sospesa, ossia, di morte rinviata. Sarebbe vivo, ma immobile. Tutte le funzioni del corpo ridotte a zero, ogni bisogno abolito. Nè fame, nè sete, nè freddo, nè caldo. Nulla.
Per tutto il tempo di durata della droga, sarebbe come se al lettore fosse stata concessa l'eternità. Finchè non sarà restituito alla vita, è un essere eterno. Sembra un paradosso, ma non lo è. Le droghe hanno di questi effetti, anche quando non vanno oltre i domestici e benigni (o maligni) vizi che sono l'alcol, il tabacco, il gioco, a cui aggiungo un ecc.., dove possono entrare tutte le sue predilezioni inconfessate.
Abbiamo dunque il lettore in stato di vita sospesa. Lo hanno dotato di ogni conforto, il che, del resto, gli è indifferente perchè non avvertirà nè crampi nè nausee. Iniettandogli la droga, lo hanno liberato da un'infinità di piccoli e grandi problemi che gli rendevano la vita un inferno. Lo hanno ritirato dal mondo, pur lasciandovelo. Nessuno lo piange, perchè è vivo. Non c'è nulla che lo affligga. Nulla. Eccetto il pensiero.
Qui la chimica ha fallito. Il lettore continua a pensare.
All'inizio può succedergli, se è ottimista, di trovare piacevole quel che gli è capitato. Gli sembrerà perfino una gran fortuna. Non ha inquietudini e gli è stato concesso il privilegio di assaporare la consapevolezza di non averne. Dal fondo del suo silenzio sorride beato (o pensa di sorridere) e si dispone a godersi la situazione. E se il lettore è intelligente (ogni lettore è, per definizione, intelligente), scopre di avere un'eccellente opportunità di raggiungere, attraverso il puro pensiero, chissà quali altezze o illuminazioni. Si dice anche che il digiuno risvegli il cervello e gli metta le ali - sempre che, naturalmente, non si prolunghi fin dove le ali ( che sono macchine per volare) ormai non reggono più il volo.
Perchè questo è il punto. A un certo momento ( più presto o più tardi, dipende dalla debolezza o dall'intensità del legame alla sua vita anteriore) il lettore scopre che gli duole il pensiero. Ha risolto tutto, sa tutto, conosce le finalità ultime, ha in testa la spiegazione di ogni dubbio, le risposte a ogni domanda. Dovrebbe aver raggiunto la pace. Ma il pensiero gli duole. E l'angoscia, di cui credeva essersi liberato per sempre, si installa nel suo corpo tranquillo, sereno, intatto. D'improvviso, il pensiero vuole avere mani e piedi, vuole amare e odiare, vuole soffrire e far soffrire (unicamente perchè non è possibile vivere senza far soffrire), vuole recuperare il corpo e le sue miserie, vuole i piaceri fugaci, i lunghi dolori, prima insopportabili e ora desiderati, vuole uscire insomma dalla vita sospesa, e forse eterna, e sacrificare un giorno ogni ventiquattro ore, pur sapendo ciò che perde in ciascun minuto di quel giorno.
Se è nelle mani del lettore (o nella forza del suo pensiero) obbligare la mano che gli ha rinviato la morte, sappiamo già entrambi che il suo corpo immobile, e in superficie tranquillizzato, preferisce che con il ritorno alla vita gli portino la morte, anche se prossima. Perchè, fin quando che il corpo sarà vivo e vigile, in convulsione, ardendo come una torcia che bruci alle due estremità, neppure la certezza della morte riuscirà a ridurre o a offuscare la più piccola gioia che vivamente fiorisca dal suo gesto.
Lo immagini il lettore. Non può, non è vero? Ha provato la vita, ci ha preso gusto, e ora vuol veder nascere il sole tutti i giorni. Mi dia la sua mano lettore. Si sieda qui, accanto a me, e ascolti la storia semplice del cuore degli uomini.
da Di questo mondo e degli altri di José Saramago

1 commento:

  1. Non esiste appagamento talmente elevato per il corpo da poter sospendere il moto della mente, neppure la certezza dell'immortalità del corpo stesso.

    Forse perché la vera immortalità appartiene al pensiero e non al corpo?

    Ditopensiero

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